L'ultima Orchidea (Italian Edition) by Lavinia Vi

L'ultima Orchidea (Italian Edition) by Lavinia Vi

autore:Lavinia Vi [Vi, Lavinia]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2018-11-23T23:00:00+00:00


Avevo la nausea.

Stranamente non aveva nulla a che fare con l’orribile tisana che mi avevano rifilato per guarire la mia ferita. Quella, per lo meno, aveva funzionato: riuscivo già a muovere la gamba senza gemere per il dolore.

«Sarà meglio aspettare ancora qualche minuto, prima di metterci in cammino», disse Alanis, notando i miei movimenti per testare la gamba. «La pozione deve completare il suo effetto.»

Sorrise. Due sottili rughe le si formarono agli angoli della bocca, addolcendo la sua figura autoritaria. Doveva essere più in là con gli anni di quanto la sua voce setosa non facesse intuire.

Avevo la sensazione che, se avessi parlato, non sarei riuscita a contenere la nausea. Mi limitai ad annuire.

Lanciai uno sguardo in direzione di Emmeline.

Era seduta accanto a Caleb attorno al grande tavolo della sala da pranzo. Sorrideva mentre mangiucchiava distrattamente un biscotto e si attorcigliava nervosamente una ciocca di capelli lucidi attorno all’indice, ancora e ancora.

Espressi il desiderio che quel dolce la facesse ingrassare di colpo di venti chili, ma me ne pentii subito. Cioè, quasi subito. Non era colpa sua se Caleb si comportava da perfetto idiota.

Non ero neppure sicura di poter attribuire la colpa a lui. Sapevo già quanto fosse incostante e maleducato e insopportabile, ma avevo voluto credere che tra di noi si fosse stabilita una connessione. Che l’orribile esperienza che avevamo condiviso ci avesse uniti.

Era stata tutta una colossale bugia, e io ero solo un’ingenua.

Caleb scrutava Emmeline da sotto le sue ciglia scure, in silenzio. Persino dal divano potevo immaginare l’intensità dei suoi occhi di giada e non potevo biasimare la ragazza se non riusciva a concentrarsi sulle fitte domande di Björn.

Una domestica finiva per sapere moltissime cose che non le competevano, scoprii. La gente parlava liberamente davanti a Emmeline, considerandola alla stregua di un pezzo d’arredamento.

Mentre lei cercava di vincere l’imbarazzo e allo stesso tempo elencare i provvedimenti contenitivi messi in atto dal Reggente, intercettò il mio sguardo di fuoco.

Non potevo vedermi in faccia, ma avevo le labbra così contratte che mi dolevano. Cercai di rilassare i muscoli del viso, ma fu inutile. Ormai mi aveva vista.

«Principessa, le giuro che io non sospettavo niente!» si giustificò, prendendomi in contropiede.

Di che stava parlando? Arrossii violentemente. Non poteva sapere di me e Caleb. Era accaduto poche ore fa, in una cella puzzolente e senza alcun testimone. A parte Björn. Mi si poteva leggere in faccia la gelosia?

«Non conosco una parola di greco antico…» continuò lei, ignara della mia confusione. «E fa parte della tradizione che la futura Regina pronunci una benedizione durante la cerimonia in suo onore. Sono mortificata, davvero. Non immaginavo che avrebbe rischiato di maledire la città per i suoi scopi.» Chinò la testa, prostrandosi di fronte a me.

Ma certo. Lei credeva che la ritenessi responsabile per non avermi avvertita di ciò che stava per accadere mentre mi esercitavo con il discorso.

E, in ogni caso, io non ero affatto gelosa. Ero soltanto indignata per essere stata trattata in modo tanto irrispettoso e privo di tatto.

«Non rischiava di maledire un bel niente, a voler essere precisi», esalò Alanis con uno schiocco di lingua.



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